Cosa vuol dire davvero fare prevenzione sismica
Prevenzione sismica, una seria riflessione al riguardo non può mancare. Il tema riemerge prepotentemente in seguito a devastanti terremoti per poi sopirsi poco dopo quando cessa l’emergenza. Intanto i soldi spesi, tanti, continuano a gravare sulla collettività. Pur essendo il nostro paese quasi interamente a rischio sismico, poco è stato fatto per prevenire i danni di un terremoto. Soprattutto sembra non esserci una vera consapevolezza del problema e stenta a passare l’idea che la sostenibilità in Italia si debba realizzare anche attraverso la messa in sicurezza sismica dell’abitato e delle strutture produttive.
I danni all’ambiente di un sisma
Basterebbe rispondere a una semplice domanda per intuire la portata dell’impatto sull’ambiente dei danni di un terremoto: qual è l’effetto sulle emissioni di Co2 della ricostruzione di un edificio? Sicuramente significativo, basti pensare al solo smaltimento delle macerie. Prevenire dunque significa anche, realizzare buone pratiche ambientali. Di più, un edificio definito “antisismico”, cioè, costruito secondo la moderna normativa, rischia comunque di danneggiarsi in seguito a un sisma. E se anche la struttura non ha causato lesioni o morti – condizione sufficiente secondo l’attuale normativa perché una costruzione sia considerata antisismica –, è comunque probabile che scosse di un certo rilievo provochino danni anche seri, rendendone necessaria la riparazione o addirittura la sua ricostruzione.
Dunque, costruire “antisismico” secondo normativa non è sufficiente, bisogna costruire mettendo in primo piano l’obiettivo di preservare anche l’edificio oltre le vite umane: utilizzando quindi le migliori e le più avanzate tecnologie disponibili per la costruzione e gli interventi di messa in sicurezza degli edifici esistenti.
La conta dei danni
Dal secondo dopoguerra a oggi la stima dei danni causati dai terremoti secondo Prometeia è di oltre 300 mld. Tra i terremoti più devastanti: quello del Belice nel 1968, L’Aquila nel 2009, l’Emilia-Romagna nel 2012, il Centro Italia nel 2016 passando per l’Irpinia nel 1980, l’Umbria nel 1997, San Giuliano di Puglia nel 2002. Ma in realtà la cifra è molto più alta e i danni economici sono poi particolarmente significativi se a essere colpite sono le attività produttive come nel caso del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012.
Se infatti, oltre ai costi di ricostruzione, si contano anche tutti i danni indiretti: delocalizzazioni, perdita di occupazione, perdita di clienti etc., negli ultimi 50 anni, si arriva alla cifra monstre di 1.500 mld. E’ questa la spesa complessiva per lo stato italiano stimata dal Prof. Stefano Pampanin, professore di Tecnica delle costruzioni all’Università La Sapienza di Roma e riferita nel corso di un’intervista pubblicata il 22 novembre sul quotidiano on line Today.
La strada da percorrere: integrare misure ambientali con la messa in sicurezza sismica
Ecco, dunque, gli aspetti da tenere in considerazione per una corretta gestione del rischio sismico: i costi diretti e indiretti che ne conseguono e l’impatto ambientale di una ricostruzione, oltre, ovviamente, quello imprescindibile di garantire la sicurezza della popolazione. Ideale sarebbe combinare gli interventi green con quelli di messa in sicurezza sismica in una logica integrata. Con il Superbonus 110% sono state destinate molte risorse all’efficientamento energetico. L’agevolazione era prevista anche per la messa in sicurezza delle abitazioni, ma non essendo gli interventi sismici obbligatori per usufruire del Superbonus, sono stati residuali rispetto a quelli di riqualificazione energetica. E comunque la misura è in scadenza e ha coperto un periodo di tempo troppo breve.
Le risorse da mettere in campo
Quando si parla infatti di riqualificazione edilizia, l’arco temporale di un piano che porti dei risultati significativi non può essere che di lungo periodo, 20/30 anni. In questo modo si aprirebbe un circolo virtuoso di stimolo all’economia. Servono anche norme certe e stabili nel tempo, che insieme ad un periodo congruo per la messa a terra degli interventi eviterebbe proprio quello che è successo con il 110: il formarsi di colli di bottiglia dovuti al concentrarsi degli approvvigionamenti e al reperimento della manodopera con la conseguente lievitazione dei prezzi. L’investimento stimato – sempre secondo il Prof. Pampanin – dovrebbe essere di almeno lo 0.5-0.8% del Pil, circa 13-15 miliardi di euro di soldi dei contribuenti, in aggiunta a contributi disponibili dalla Unione Europea, tra il Pnrr e il Green Deal. La guida del programma dovrebbe essere concepita in Italia secondo un approccio integrato: gli interventi antisismici arriverebbero insieme a quelli per migliorare l’efficienza energetica nell’ottica di una “messa in sicurezza green”.
Le imprese e gli ESG della sostenibilità
Concentrarsi sugli aspetti ambientali attuando buone pratiche secondo il paradigma degli ESG della sostenibilità (Environment, Social, Governance) è oggi una priorità per le imprese. E attuare una corretta prevenzione sismica rientra senz’altro tra le buone pratiche mirate a raggiungere questo scopo. Vuol dire infatti raggiungere non solo obiettivi “social” a tutela delle persone, ma certamente anche economici e quindi di Governance consentendo di minimizzare i costi per riparare le conseguenze di un sisma.
Sismocell e le tecnologie più innovative per la protezione dei siti produttivi
Sismocell da oltre 10 anni è impegnata nello sviluppo di sistemi antisismici tecnologicamente avanzati, in grado di minimizzare i danni alle strutture in caso di eventi sismici, in particolare per la messa in sicurezza delle attività produttive. I dispositivi antisismici della serie Sismocell e Sismocell Box, ad esempio, installati in corrispondenza dei nodi trave-pilastro e trave-elementi di copertura delle strutture prefabbricate esistenti, sono in grado di assorbire, entro certi limiti, l’energia sprigionata dalle scosse creando connessioni dissipative. Si evitano in tal modo fenomeni di perdita d’appoggio e collassi preservando la struttura da crolli e gravi danneggiamenti.
Rendere sicure le attività produttive significa non solo salvare vite umane ma anche tutelare il patrimonio aziendale e salvaguardare l’economia dei territori. La sostenibilità dello sviluppo significa proprio questo: rendere possibile progresso e benessere senza compromettere il futuro delle prossime generazioni.