Ponti a rischio in Italia
I ponti a rischio sismico o comunque a rischio di crolli per la vetustà delle strutture sono migliaia in tutto l’Occidente. in Italia – è confermato anche da una nota del Cnr – sono dai 10 ai 12 mila i ponti da controllare. I parametri per un intervento rapido si basano essenzialmente sull’età delle strutture e sui lavori richiesti o annunciati.
Mettendo insieme gli studi, i dossier, le analisi di architetti, ingegneri, ricercatori universitari, le mappature e gli esposti alle prefetture e alle procure di mezza Italia, oltre alle osservazioni delle associazioni dei consumatori (su tutte il Codacons) è stato annunciato questo dato choc.
Secondo l’ingegnere Andrea Occhiuti che dirige il Dipartimento di Tecnica delle Costruzioni del Consiglio nazionale delle Ricerche, Intervistato dal quotidiano il Tempo in agosto dello scorso anno, la situazione è critica: “Ci sono non meno di 10 mila fra ponti e viadotti di cui ignoriamo la tenuta e che, per età e traffico sostenuto, potrebbero essere a rischio crollo”. In più in Italia ci sono circa un centinaio di gestori. Non esiste un elenco unico di ponti e viadotti (più ponti insieme creano un viadotto, ndr) che sono circa 50 mila e non esiste una tecnica costruttiva che garantisca più durata rispetto a un’altra.
- Ponte A14 – 2017
- Crollo Ponte Fossano 2017
- Ponte Milano Lecco 2016
Come si definisce lo stato di salute dei ponti
Ecco i criteri spiegati dallo stesso Occhiuti per definire lo stato di salute dei ponti. Si tratta di dividere la “capacità di resistere” del ponte per la “domanda di resistenza”. Questa divisione darà un risultato che oscilla fra 0, ponte da chiudere, a 1, ponte perfetto. Tutti i valori compresi fra 0 e 1 indicheranno lo stato di salute del ponte. Il valore si ottiene con una serie di parametri: l’età del ponte che più supera i 50 anni più è a rischio; il volume del traffico che deve sostenere; il progetto originario visto che non sappiamo dall’esterno quale tipo di tondini di ferro sia stato utilizzato nella costruzione, di che qualità, spessore, dislocazione; saggi a campione delle strutture e, infine, un’analisi di laboratorio di tutti questi elementi.
Cosa succede negli altri paesi
Non perché sia di consolazione, ma non siamo i soli ad avere uno stato di degrado generalizzato. Più o meno tutti i paesi europei hanno criticità in tal senso e questo perché il patrimonio infrastrutturale è datato un po’ ovunque. Non meglio stanno gli Stati Uniti D’America, anzi l’infrastruttura americana dei trasporti sta cadendo a pezzi. Secondo l’American Society of Civil Engineers, quasi il dieci percento di tutti i ponti americani ha bisogno di seri interventi di ristrutturazione. E la situazione oltre oceano è peggiore per l’intenso uso dell’infrastruttura e la scarsa manutenzione. La gran parte del sistema viario è stato realizzato nel secondo dopoguerra e fino alla metà degli anni ’70. E ora i ponti —sempre il punto debole delle reti stradali—stanno cadendo.
I motivi del degrado
Quando gli anni trascorsi dalla costruzione sono molti, iniziano ad apparire i due guai più pericolosi per qualunque ponte: da un lato l’incremento dei carichi, dall’altro il problema del degrado. Nel tempo, tutte le strutture tendono ad essere maggiormente caricate, ma la loro capacità resistente diminuisce. Dopo il noto incidente di Ronan Point avvenuto nel 1968 a Londra, quando un palazzo di circa una ventina di piani crollò per lo scoppio di una bombola di gas, l’ingegneria strutturale intuì l’esistenza del collasso progressivo, cioè un danno di molto sproporzionato rispetto all’evento.
Da allora, i progettisti lavorano per una vita utile della infrastruttura, accettando una certa probabilità di rottura. Poi ci sono gli imprevisti e il Fib, la Federazione internazionale del calcestruzzo strutturale sta studiando un codice modello che possa servire da riferimento per tutti i codici internazionali, in relazione alle strutture in calcestruzzo armato e precompresso. L’ultimo codice modello, del 2010, ha introdotto il concetto della robustezza strutturale: davanti a una causa imprevista, bisogna fare in modo che la struttura sia in grado di rispondere con un effetto che è proporzionale alla causa che lo ingenera. Quindi un collasso locale non può ingenerare il collasso di un ponte.
Vulnerabilità sismica
E’ una questione fortemente sentita in Italia che oltre a problemi di tenuta legati alla vetustà ha quelli derivanti da fenomeni atmosferici estremi, oggi sempre più frequenti, e dal rischio terremoto. Imprevisto frequente nel nostro territorio che è sismico per la gran parte della sua estensione.
La vulnerabilità sismica che si osserva sui ponti e viadotti della rete attuale è sicuramente imputabile a un quadro di conoscenze e di indicazioni normative che fino a pochi anni fa risultava assolutamente inadeguato. Fino al 2003, anno di emanazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio 3274/03, le indicazioni normative si limitavano ad alcune prescrizioni di dettaglio sui sistemi di collegamento. In generale, una cultura della progettazione sismica dei ponti ha trovato applicazione solo di recente, con l’effettiva diffusione delle Norme Tecniche per le Costruzione del 2008 e oggi di quelle nuove del 2018. L’elevato livello di vulnerabilità che si osserva sui ponti esistenti è da attribuire ad una concezione strutturale inadeguata, più che a carenze nelle caratteristiche prestazionali dei materiali o all’adozione di azioni sismiche di progetto ridotte.
Too big to repair
La “moderna” infrastruttura autostradale comincia a cedere in tutto l’Occidente—l’Italia, con il Ponte Morandi, ne sa qualcosa. Durante questo decennio di crisi economica, si è parlato spesso degli istituti finanziari too big to fail, cioè da salvare ad ogni costo per evitare ricadute su tutto il sistema economico e finanziario a causa delle loro grandi dimensioni. Con le reti autostradali e più in generale col sistema viario siamo giunti al too big to repair. Il problema è più finanziario e politico che ingegneristico. Bisogna trovare dei soldi, tanti, per rimettere in sesto le infrastrutture, ma il peso fiscale già tanto elevato lascia pochi spazi di manovra.